IL FENOMENO SUICIDARIO. LA CRISI DELLA PERSONA NEGLI AMBIENTI LAVORATIVI SPECIALI.

Il SILF, nella persona del Vice Segretario Generale, Giuseppe Cerchio, ha preso parte alla tavola rotonda tenutosi a Padova, in data 15 novembre 2019, avente ad oggetto “”Il fenomeno suicidario. La crisi della persona negli ambienti lavorativi speciali”.

Di seguito, viene riportato, integralmente, l’intervento tenuto dal Vice Segretario SILF Giuseppe Cerchio :

In questi anni abbiamo assistito al crescente fenomeno suicidario che ha investito le Forze Armate e le Forze di Polizia, né abbiamo sentite di tutti i colori sulle probabili cause, sulle possibili soluzioni e, soprattutto, sulle azioni intraprese dai vertici delle varie amministrazioni, come ad esempio l’istituzione degli sportelli di ascolto psicologico presso i comandi del Corpo, talvolta, decantati come un’innovazione, inoltre, nel febbraio del 2019 è nato l’Osservatorio permanente interforze voluto dal capo della Polizia Gabrielli.

Diversamente da quanto viene asserito puntualmente dalle varie gerarchie, tali sportelli non hanno sortito l’effetto sperato, anzi, nel 2019 i casi di suicidio all’interno delle Forze Armate e di Forze di Polizia hanno registrato un aumento rispetto agli anni precedenti, segno di un forte malessere vissuto dal personale in divisa.

La cosa preoccupante è che tace la stampa, tace anche il mondo politico ma, soprattutto, tacciono gli stati maggiori, quegli stessi stati maggiori che, invece, hanno tirato fuori le unghie quando c’è stato da confrontarsi sulla legge per i sindacati militari, evidentemente preoccupati dal fatto che le nascenti organizzazioni sindacali potessero, in qualche modo, “scoperchiare la pentola” e tirare fuori alcuni argomenti in particolare, in primis quello sui suicidi, fino ad oggi sconosciuto a buona parte dell’opinione pubblica.

Le cause sono tante, troppe per essere elencate qui ma una cosa è certa, se la percentuale dei fenomeni suicidari delle donne e degli uomini in divisa è doppia rispetto a quella della popolazione civile è evidente che qualcosa non sta funzionando.

Purtroppo, chi indossa una divisa, visti i tempi di crisi che stiamo vivendo, viene visto come un privilegiato che ha lo stipendio fisso e la pensione assicurata, questo avviene anche perché, i vertici militari in particolare, nel tempo, hanno sempre reso le caserme luoghi chiusi verso l’esterno innestando, tra l’altro, una particolare soggezione nei confronti del personale militare anche nel modo di interloquire con “l’esterno”, circostanza questa, che in un certo modo ha fatto si, che nel tempo, la popolazione civile conoscesse l’aspetto dell’uomo duro senza paure e senza debolezze, quelle debolezze che, invece, tutti hanno per l’ontologica condizione dell’essere “umano”.

Le cause possono essere infinite, a cominciare da:

– regolamenti militari: che non hanno una tipizzazione delle violazioni e che molto spesso, risultano inadeguate rispetto alla mancanza ed eccessivamente punitive in virtù di regolamenti oramai obsoleti;

ingiustificati ed immotivati trasferimenti;

mancanza di dialogo, in alcuni casi accade che chi è portato al dialogo, negli ambienti militari è spesso considerato un ribelle, un polemico, motivo per il quale gli viene negato di parlare o peggio, di parlare con un interlocutore che, forte del suo grado, indirizza la discussione come meglio crede, spesso, senza tener conto delle circolari interne e delle normative vigenti;

disciplina militare:

la problematica della disciplina militare è una di quelle più sentita dal personale che si trova il più delle volte a “combattere” guerre già perse in partenza, a causa dello strapotere in capo al Comandante di reparto e/o di Corpo, dettato dal sistema delle norme sovente incerte e abile, dove il confine tra il lecito e l’illecito è affidato in via esclusiva al comandante che assume la veste di pubblico ministero, giudice e anche di colui che autorizza il difensore a poter svolgere attività difensive.

Nel Corpo della Guardia di Finanza, ad esempio, nell’ambito dei procedimenti disciplinari di Stato, la c.d. “Commissione Disciplina” viene normalmente nominata tra il personale dipendente dal Comandante Interregionale competente a decidere.

E’ capitato più volte che ad un parere contrario sulla “perdita del grado” espresso dalla Commissione ed essendo il suddetto parere vincolante per l’Autorità decidente, la stessa Commissione è stata sostituita con un’altra al fine di acquisire un altro parere, che sistematicamente diventa favorevole per la perdita del Grado.

Ovviamente, il Comandante interregionale viene messo così in condizione di determinare la cessazione dal servizio del malcapitato di turno.

Ora viene da chiedersi: con quale spirito ha espresso il parere la 2^ commissione disciplina nominata, sapendo che il parere contrario espresso dalla 1^ Commissione non è risultato gradito al proprio Comandante Interregionale? È ammissibile in democrazia una tale procedura? È come se una giuria che esprime la non colpevolezza in un processo venga sostituita dal Presidente. Non si può sentire.

Ebbene questa aberrante procedura è oggi possibile grazie ad un Codice dell’Ordinamento Militare scritto di fatto su indicazioni degli Stati Maggiori, gli stessi che oggi non vogliono accettare la sentenza della Corte Costituzionale riguardo il riconoscimento dei diritti sindacali anche ai militari.

ricompense di ordine morale:

Nel Corpo della Guardia di Finanza gli encomi, molto spesso, vengono concessi a personale particolarmente vicino alla gerarchia e in alcuni casi, concessi a pochi eletti a discapito di altri impiegati nella medesima attività. Ricompense queste che poi hanno un notevole impatto sull’avanzamento delle carriere, in particolare per gli ufficiali o per il personale ISAF al quale danno un maggiore punteggio sulle domande di trasferimento.

Addirittura per testimoniare l’assoluta discrezionalità in capo all’autorità competente alla concessione delle ricompense, con la circolare 365200 che disciplina la particolare materia è stato sancito che “risulta inconferente qualsiasi tentativo di procedimentalizzazione nei termini di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni, recante “Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”. 

straordinario: l’erogazione di tale emolumento produce forti effetti distorsivi, infatti, alla categoria ufficiali vengono garantite mediamente 50 ore mensili pro – capite, circostanza questa che permette al soggetto percettore di avere una “rendita” da 400,00 a 1500,00 euro al mese a seconda del grado. Ciò comporta che l’ufficiale molto ma molto difficilmente rinuncia a produrre straordinario e di conseguenza fa rimanere sul posto di lavoro le altre categorie di personale. Il risultato perverso è che l’ufficiale vorrebbe poter staccare ma non lo fa per non perdere quella quota di stipendio, il personale vorrebbe staccare ma non lo può fare perché gli viene ordinato di rimanere sul posto di lavoro e comunque non ha alcuna garanzia di ottenere la completa remunerazione di tutte le ore di straordinario prodotte.

Mettete tutte queste piccole cause insieme, aggiunte ad un particolare periodo emotivo di un militare, anche riconducibile a problemi familiari, economici ecc. e il “gioco” è fatto….

Sarebbe ora che le varie Amministrazioni, militari e non, cominciassero a fare chiarezza sulle procedure che vengono adottate ogni qualvolta ci si trova di fronte ad un episodio suicidario, ovvero:

  • se vengono avviate indagini interne nei confronti del comandante del reparto e dell’intera linea gerarchica del malcapitato;
  • se vengono prese in considerazione le sue note caratteristiche;
  • se viene preso in considerazione il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) del reparto, ex D. Lgs. n. 81/2008, al fine di accertare se il Comandante Regionale, in qualità di Datore di Lavoro ai sensi della Determinazione dirigenziale n. 370/2013, ha ottemperato agli obblighi in termini di visita medica obbligatoria e di valutazione dello stress da lavoro correlato di cui al citato Decreto.

Occorre, a nostro parere, inoltre, monitorare costantemente lo stato psicologico dell’appartenente alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate, mediante una più incisiva azione del Servizio Sanitario e della figura dello psicologo che non dovrebbe essere “vicino” all’Amministrazione ma esterno alla stessa.

Il tempo delle proposte, dei convegni e dei seminari informativi è terminato, è ora che tutte le Amministrazioni si assumano le proprie responsabilità e comincino ad affrontare con maggiore interesse il problema, ad esempio:

  • costituendo un osservatorio permanente anche interno, al quale partecipino figure interne all’Amministrazione, delegati dei sindacati più rappresentativi e psicologi esterni all’Amministrazione;
  • sensibilizzando e formando adeguatamente, con specifici corsi di formazione, i comandanti a tutti i livelli sull’approccio e sulla gestione emotiva dei militari;
  • valutando la possibilità di inserire visite psicologiche obbligatorie come le visite mediche ex. D.Lgs. n. 81/08.

In attesa che il Comando Generale risponda alle nostre istanze, come sindacato, con la collaborazione dell’Associazione L’altra metà della divisa, associazione composta da psicologhe dislocate su quasi tutto il territorio nazionale, abbiamo formato alcuni iscritti al fine di creare uno sportello di ascolto in favore dei colleghi in difficoltà, inoltre, consci del fatto che la la figura di Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) ex D.Lgs. n. 81/08, sia di particolare importanza per il benessere del personale, per fine novembre, abbiamo organizzato un seminario informativo in favore di tutti i nostri iscritti che rivestono la predetta figura.