L’11 aprile del 2018, Corte costituzionale (“forzata” dalle sentenze della Corte E.D.U. e del C.E.D.S.) abrogò il comma 2 dell’art. 1475 del Codice dell’ordinamento militare, consentendo ai militari di costituirsi in sindacato. Quella sentenza parlava (e parla) chiaro: i militari possono costituirsi in sindacato e, in attesa di una legge che ne definisca limiti e prerogative, i sindacati possono operare con i limiti e le competenze della rappresentanza militare.
A tre anni da quella sentenza a che punto siamo?
A dispetto della Corte Costituzionale, ministri e vertici militari hanno “boicottato” i sindacati, consentendone la costituzione, ma negando, di fatto, ogni tipo di legittimazione sostanziale e formale. Tanto che il contratto 2018/2021 rischia di essere concertato ancora dalla sola “ultra prorogata” rappresentanza militare.
Nonostante ciò, i sindacati dei militari sono cresciuti e cresce sempre più nel personale la consapevolezza che una rappresentanza di natura sindacale sia molto più efficacie dell’attuale rappresentanza militare.
La legge quadro non è ancora stata approvata e quel che preoccupa di più è che il DDL “Corda”, che sembra raccogliere l’appoggio di tutto l’arco parlamentare, rischia di consegnare ai militari uno strumento di rappresentanza monco e poco funzionale:
- con le stesse prerogative, le stesse competenze (no articolazione orario) e gli stessi limiti della rappresentanza militare, ma a pagamento;
- frammentato, depotenziato a livello periferico, isolato dal resto del mondo sindacale ed incapace di erogare i servizi, anche minimi, ai propri associati;
- con un meccanismo di misurazione della rappresentatività, inedito nel mondo del lavoro pubblico e privato, basato sul solo dato associativo rapportato alla forza effettiva ed una quota di adesione (0,5% dello stipendio) identica a quella del sindacato pieno, a fronte di servizi e prerogative infinitamente minori;
un mix che, inevitabilmente, porterà all’affermazione di due soli tipi di sindacato: quello consociativo e quello ultra aggressivo.
Per i finanzieri si tratta di un quadro non certo incoraggiante, aggravato dal fatto che lo stesso DDL “Corda” non opera alcun tipo di distinzione tra forze armate e forze di polizia e, di conseguenza, non produce un giusto e corretto bilanciamento tra diritti costituzionali del lavoratore ed i principi di massima operatività e coesione interna tipici delle forze armate. In altri termini, il DDL Corda contrae i diritti dei finanzieri in maniera non giustificata rispetto alla funzione svolta, non rispondendo ai principi di sostanzialità e proporzionalità di matrice europea, più volte richiamati nelle sentenze della Corte E.D.U. e del C.E.D.S..
Una situazione che rischia di penalizzare oltremodo i finanzieri e di mettere seriamente in pericolo anche la funzionalità della Guardia di Finanza (un sindacato consociativo o peggio “urlatore” non aiuta il benessere organizzativo). In questo contesto, il SILF NON SI ARRENDE, anche se continuare a fare sindacato nel tempo libero, sacrificando la famiglia, diventa sempre più faticoso.
Siamo pronti a ricorrere alla giustizia nazionale e internazionale affinché sia immediatamente riconosciuta l’operatività dei sindacati ed i finanzieri siano dotati di diritti sindacali effettivi e correlati alla funzione svolta.
Se l’ambiente “difesa” non consentirà modifiche e/o non ammetterà deroghe per i finanzieri e il DDL Corda rimarrà così com’è, si (ri)porrà seriamente la questione dell’appartenenza dei finanzieri al consorzio militare.
12 aprile 2021
LA SEGRETERIA NAZIONALE SILF