CONVEGNO LA “DIVISA FERITA”. L’INTERVENTO DI FRANCESCO ZAVATTOLO

LA DIVISA FERITA. QUALE PREVENZIONE E SOSTEGNO PER GLI OPERATORI NELLE FF. AA. E FF.PP.?

Siamo felici, finché non perdiamo la speranza di essere felici in futuro”, e quando si perde questa   speranza, di cui parla Zygmunt Bauman, ci si avventura nei luoghi oscuri della mente (paura, ansia, annichilimento, depressione, burnout) dai quali in tanti, o troppi casi, non se ne esce più. Gli appartenenti alle Forze di Polizia e alle forze armate non sono al riparo da questi rischi, anzi, i numeri che ruotano attorno al fenomeno suicidario nel comparto sicurezza e difesa, dicono esattamente il contrario.

Per rispondere a questa esigenza, il primo accordo fortemente voluto dal SILF, a pochi giorni dalla sua costituzione, è stato quello di sottoscrivere con “l’Altra Metà della Divisa”, associazione di un gruppo di psicologi e di psicoterapeuti che operano su tutto il territorio nazionale, una convenzione in grado di fornire assistenza e supporto psicologico non solo agli iscritti SILF ma anche ai loro familiari.

Si parla spesso e solo di suicidi, ma questi non sono altro che la punta dell’iceberg di un malessere molto più profondo. La Guardia di Finanza ha cercato di arginare il fenomeno, creando una rete di supporto psicologico attraverso gli sportelli di ascolto. La criticità, come abbiamo rappresentato in diverse occasioni, risiede nel fatto che tale servizio viene erogato, da psicologi esterni, “all’interno delle infermerie” dei Comandi Regionali. Questa circostanza, purtroppo, non garantendo un elevato grado di riservatezza, a nostro avviso limita la fruizione dell’ascolto soprattutto a quelle persone che hanno maggiore bisogno.

Come sindacato, però, siamo concentrati su altri aspetti che prescindono dalle questioni meramente personali o familiari che possono indurre i colleghi a perdere la speranza sopra accennata. Al riguardo, infatti, risultano quasi profetiche le parole di qualche decennio fa dello psicologo e gesuita equadoregno Martin Barò: “nulla o poco è stato fatto per mettere in evidenza la relazione tra alienazione personale e oppressione sociale: come se le patologie delle persone o i disturbi del comportamento si esaurissero solo sul piano individuale”.

Le questioni, a nostro avviso, sono molto più complesse e articolate di quanto le si vuole far apparire. Proviamo a tracciare le linee principali. Negli ultimi dieci anni abbiamo perso l’11% del personale e le indennità, per la copertura delle ore di straordinario, indennità notturne – festive sono aumentate del 50%. Siamo di meno e lavoriamo di più, e stiamo comprimendo ed esasperando il tempo che abbiamo a disposizione per noi, come persona, e per le nostre famiglie.

La mole di lavoro, in questi ultimi anni, è aumentata a dismisura. La digitalizzazione, che per certi aspetti doveva sburocratizzare le amministrazioni, di fatto le sta attanagliando in una morsa infernale. Gli ordini e le attività di servizio prima seguivano il carteggio ufficiale, oggi arrivano prima via mail, poi via protocollo ed infine gestite tramite via WhatsApp. Questo significa che siamo sempre connessi e sempre in servizio. Non esiste più né sabato, né domenica, a prescindere dal servizio effettivo.

Se a questo aggiungiamo la disgregazione sociale di questa “società liquida”, la solitudine di quanti operano a notevoli distanze dai propri luoghi di origine, e l’oggettiva difficoltà nel creare una rete di protezione sociale attorno a se, condizione acutizzata anche dal pendolarismo massivo, i colleghi sui luoghi di lavoro limitano le proprie relazioni alla sola attività di servizio, non si conoscono più. Sta venendo meno il senso della comunità, stiamo assistendo alla disumanizzazione del rapporti di lavoro.

Se a questo quadro, aggiungiamo la rigidità e lo squilibrio dei procedimenti disciplinari totalmente sbilanciati verso l’accusa a discapito di un sistema di difesa priva di reali poteri di tutela, le ganasce si stringono attorno al collo del lavoratore fino a sfinirlo.  Ciò che per un cittadino è un diritto giuridicamente garantito, come il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio (533 cpp), non si applica ai militari nei procedimenti disciplinari. Questo significa che l’autorità che determina l’irrogazione della sanzione ha un margine di discrezionalità così ampio che si pone, quasi, come se non avesse limiti.

Noi siamo fermamente convinti che bisogna agire per migliorare le condizioni di lavoro. Per questo motivo crediamo che la risoluzione (7-00243), con la quale l’Onorevole Rossini ha impegnato il Governo affinché vegano istituite delle articolazioni volte a fornire supporto psicologico al personale delle Forze Armate, debba essere ampliata a tutto il personale del comparto Sicurezza e Difesa.

Al riguardo sarebbe auspicabile l’avvio di una commissione parlamentare d’inchiesta, o una risoluzione a Commissioni riunite (Difesa, Affari Costituzionali, Lavoro) finalizzata ad indentificare, rimuovere e superare gli ostacoli che impediscono a personale del Comparto di godere appieno dei diritti costituzionali riconosciuti a “comuni” cittadini, e migliorare le condizioni di lavoro all’interno delle caserme, allo scopo di limitare il fenomeno suicidario, liberando, allo stesso tempo, risorse ed energie che soddisfino le esigenze di sicurezza e difesa del Paese senza minare gli equilibri sociali e psicologici del personale.

Il Paese ha necessità di un sistema di sicurezza e difesa efficiente ed efficace, non di martiri.

Francesco Zavattolo

Segretario Generale Provvisorio SILF

Relazione de “l’Altra metà della divisa”